Paolo Gioacchini, amministratore di Gmg Games e G-Planet e vicepresidente nazionale di Assotrattenimento con delega per le Marche.

Come giudica la nuova intesa sul gioco pubblico?

«Male. L’accordo non soddisfa le richieste di uniformità di legislazione e peggiorerà il contenzioso. Un settore che, purtroppo, chi legifera non conosce come dovrebbe».

Qual è il rischio?

«Potrebbe scomparire un intero comparto che solo nelle Marche dà lavoro a 10.500 persone. Penso al distanziometro, non avvalorato da alcuna ricerca medico-scientifica, in base al quale il punto gioco deve distare almeno 500 metri dai luoghi sensibili. Da una ricerca che abbiamo commissionato emerge che il suolo giudicato sensibile nei 5 capoluoghi di provincia è del 98%. C’è rimasta l’aperta campagna o il mare. Io stesso entro il 2019 dovrei trasferire la sala slot alla Baraccola per una banca che ha aperto dopo di me: 5 an­conetani rischiano il po­sto di lavoro».

La legge prevede una contrazione degli ora­ri?

«E’ una facoltà lasciata ai Comuni che provo­cherà una legislazione a macchia di leopardo in cui l’investimento non è garantito. Si agi­sce di pancia per un problema che nessuno conosce».

Quali sono le criticità?

«Principalmente 4. L’il­legalità, che non scon­figgi col proibizioni­smo perché basta un clic sul web per arriva­re a Malta, paradiso del gioco illegale. Il gioco minorile, che persiste nelle scommesse sporti­ve e nelle lotterie istantanee. L’eccessiva pubblicità che induce al gioco. E poi il gioco d’azzardo patologico».

Che è il problema più grave…

«L’industria sana ha cominciato ad affrontarlo ben prima del legislatore. La Gmg con Astro è stata la prima a fare un decalogo del gioco responsabile e corsi di formazione: chi sta dietro un bancone deve saper riconoscere gli atteggiamenti patologici. Una volta abbiamo soccorso una donna che grattava lo schermo di una slot per far scendere una combinazione: soggetti così vanno accompagnati nelle aree di decompressione e segnalati ai Servizi specifici».

Come si cura, allora, il gioco patologico?

«Il mio slogan è: informare, formare e prevenire. Proprio come per le altre dipendenze. Il concetto è: se il  gioco è pericoloso, non bisogna darlo in mano a chiunque, ma solo a operatori riconosciuti, preparati e formati».